Se come me siete curiosi esploratori delle cucine di altri Paesi, non potete assolutamente perdere questo libro!
L’autore è Bryant Terry, lo stesso di The inspired Vegan e Vegan Soul Kitchen. Per chi non lo conoscesse, vi invito a visitare il suo sito WWW.BRYANT-TERRY.COM.
Ma veniamo subito al libro. In Afro Vegan, Bryant rende omaggio alla cucina tradizionale africana e alle sue contaminazioni con altre culture, americana in primis. Lo fa attraverso ricette raccolte durante i suoi viaggi, ispirate alle sue origini o a ricordi d’infanzia, libri di cucina e racconti.
Ogni ricetta è accompagnata da una particolare colonna sonora o da qualche film o libro, in un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, non solo il palato!
Completano le ricette alcuni aneddoti a cura di Michael W. Twitty, storico di cultura afro, e le stupende foto a colori di Paige Green.
Quello che mi ha fatto capitombolare per questo libro è soprattutto l’originalità delle ricette, che non risultano tuttavia ‘assurde’. Per intenderci, si tratta di piatti mai visti nei libri di cucina vegan di cui ho parlato fin qui sulla Balenina, anche se realizzati con ingredienti ormai piuttosto comuni, pur non essendo tipici della nostra tradizione. Un esempio sono i fagioli neri all’occhio, emblema della cucina afro americana, cui Bryant ha dedicato un’intera sezione del libro, insieme all’okra o gombo (foto qui sotto, si può trovare nei banchi di frutta e verdura etnici di molti mercati. Tipici della cucina africana, ma anche indiana, libanese e turca, si coltivano anche in italia, in particolare Lazio e Sicilia. Se ne volete un assaggio, date un occhio anche da Cri, di broccoloecarota, che ha da poco proposto alcune ricette che hanno questo ingrediente come protagonista e sul sito di UNO COOKBOOK).
I capitoli sono suddivisi in maniera piuttosto particolare, e non poteva essere altrimenti, vista l’ecletticità dell’autore.
Si inizia così con SPEZIE E SALSE. In questa sezione Bryant illustra alcune tra le principali combinazioni di spezie usate per insaporire piatti a base di verdure, riso, ma anche tofu e persino pop corn! Ad esempio il berbere (in aramaico, lingua dell’Etiopia, significa ‘caldo, piccante’), che consiglia di tenere sempre a portata di mano, accanto a sale e pepe (ovviamente di Giamaica), oppure il za’atar, un mix di origini antichissime, a base di semi di sesamo tostati, timo, origano, maggiorana, sale e sommacco.
In questa sezione si trova anche un’interessante approfondimento su come seccare erbe appena raccolte e vari metodi di conservazione.
Tra le salse, tutte da provare, mi ha stuzzicato soprattutto la chermoula, impiegata con alcune varianti nella cucina algerina, tunisina e marocchina.
Segue un capitolo interamente dedicato a ZUPPE, TAJINE e VERDURE STUFATE, poi quello su RADICI e ZUCCHE, e a seguire COUS COUS, PORRIDGE (di mais) e CEREALI.
La sezione successiva, dedicata a STREET FOOD, SNACK e FINGER FOOD, è tutta ispirata a memorie squisitamente personali di Bryant, come quando da piccolo si fermava al chioschetto di un vecchio afro americano, sulla Terza strada di Memphis, in Tennessee, dove è cresciuto o le frittelle giamaicane assaggiate a Brooklin, dove si è trasferito in seguito per un periodo.
Seguono CREME SPALMABILI e CONSERVE (quella a base di fichi e timo è stata subito aggiunta alla lista delle ricette da provare!!!) e poi la colazione afro-vegan style, ovvero BISCOTTI, SMOOTHIES (in foto: smoothies con pesca, banana, miglio, succo d’arancia, datteri e anacardi) e PORRIDGE.
Per chiudere in bellezza, dopo TORTE e DOLCETTI, accompagnati da INFUSI o COCKTAIL, un menù tipo, suddiviso per stagioni, che combina le ricette presenti nel libro a seconda della reperibilità degli ingredienti.
Ora, di solito mi fermo alla recensione.
Ma stavolta no, è diverso.. perchè c’era questo gelato speziato a base di fagioli cannellini che è stato amore al primo sguardo e potevo non condividere sto po’ po’ di roba con voi? Daje, la mazzata finale dopo le festività, poi tutti a dieta! (da domani, come no…)
INGREDIENTI
(nel libro la misurazione è internazionale, quindi CUPS, TABLESPOON e compagnia.. ecco un link utile con la conversione)
1/2 cup fagiolini cannellini bio;
1 cup latte di cocco bio;
1/2 cup e 2 tbsp zucchero integrale grezzo di canna bio (io uso mascobado);
1/8 tsp cannella bio;
1/8 tsp noce moscata bio;
1/4 tsp pepe nero della Giamaica bio;
1/8 tsp sale integrale bio;
1 bacca di vaniglia bio;
1/2 cup crema di mandorle (ottenuta mescolando mandorle tritate con poca acqua);
NB: nell’originale è presente la melassa (1 tsp). Non amo molto il suo gusto, quindi l’ho omessa. Inoltre, nell’originale ci sono 2 cup di latte di cocco, mentre io ne ho usata 1. Credo questo influisca sulla corposità del gelato. A me è venuto piuttosto cremoso. Nell’originale inoltre vengono usati gli anacardi. Non ho nulla contro gli anacardi, ma costano una fucilata, quindi ho preferito le mandorle.
Solitamente utilizzo solo legumi secchi, che lascio in ammollo prima di cuocere. Se siete abituati con legumi in scatola saltate il primo passaggio della preparazione, utilizzate però i fagioli scolati e sciacquateli con cura prima di frullarli.
Ho frullato i fagiolini e il latte di cocco finchè non si è formata una crema.
A parte ho sciolto lo zucchero e l’ho mescolato con le spezie (noce moscata, pepe e cannella), la vaniglia e il sale. Ho aggiunto la crema di mandorle, ottenuta frullando le mandorle con poca acqua (1 dose acqua per 2 dosi di mandorle).
Ho aggiunto alla crema di cocco e fagiolini, mescolando bene.
Ho messo in freezer a raffreddare.
Dopo 3 ore ho tolto dal freezer, lasciato a temperatura ambiente 15 minuti, lavorato con una spatola per ammorbidirlo un po’ e servito.
Il sapore?
Dei fagioli nemmeno l’ombra.. sa piuttosto.. ecco, se il Paradiso avesse un gusto, credo sarebbe questo!
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Con questa recensione partecipo al Giovedì del libro di cucina, promosso da Annalisa di passatotralemani.wordpress.com.
Andate a dare un occhio alle altre recensioni nèèè 🙂